Procrastino e scrivo. 

“Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi” è una delle frasi che i miei genitori mi hanno ripetuto più spesso, nella mia infanzia e adolescenza, insieme alle hit “Questa casa non è un albergo” e “vai in palestra”. In realtà sono molto grata per l’imperativo categorico più importante tra tutti quelli che sono riusciti ad instillarmi nella testa, quello di evitare il più possibile l’autocompatimento, se non per brevissimi periodi (circa sette decimi di secondo) e reagire, senza aspettare la manna dal cielo. Tirati su le maniche e combatti, mi hanno insegnato, non tanto con le parole, quanto con i fatti. C’è chi sta peggio, mi hanno ripetuto, tanto spesso che a volte mi sembrava di impazzire di rabbia, chiedendomi perché mai non mi compatissero, almeno un poco. Ma avevano ragione. Hanno sempre avuto ragione. Lo fanno ancora (e continuano ad avere fastidiosamente ragione), lungo certe telefonate in cui parto sparata a lamentarmi di un sacco di sciocchezze. Mia madre ascolta un po’ e poi mi dice okay, ti sei sfogata, adesso vai avanti. A volte non deve neanche dirmelo, mi stufo da sola e cambio discorso. Lamentarsi è un diritto, chiaramente, ma insomma, non porta da nessuna parte.

Se sono riusciti a contenere con risultati abbastanza positivi la mia umana, troppo umana tendenza all’autocompatimento, purtroppo non hanno ottenuto risultati altrettanto validi per quanto riguarda la procrastinazione. Che tra l’altro è una parola che mi piace assai, perché è abbastanza difficile da pronunciare senza che ci si aggrovigli un po’ la lingua. La sola fatica di pronunciarla tende a trasformarci subito in persone più attive e attente. Io però procrastino lo stesso, perché ho fatto lingue e adoro gli scioglilingua, come quello dei trentatré trentini, e dell’arcicescovo di Costantinopoli che si voleva disarcivescovicostantinopolizzare. Non vi dico la fatica che ho appena fatto a scrivere disarcivescovicostantinopolizzare combattendo contro il correttore automatico dello smartphone, è incredibile cosa una sia disposta a fare pur di non fare quel che invece dovrebbe fare. Vedete!? sto divagando. Le divagazioni non sono altro che una procrastinazione scritta, ne sto prendendo coscienza ora, in tempo reale, scrivendo questo peraltro inutile post. 

Sono successe un sacco di cose nei periodi in cui ne procrastinavo altre, non tutte positive. In questo periodo ne sto procrastinando diverse, per molteplici ragioni, tutte essenzialmente riconducibili a due: vigliaccheria e pigrizia, agitate e non mescolate.

Questo stesso post è una procrastinazione, perché avevo (avrei, ho) diverse cose da fare assolutamente entro stasera, incluso una doccia nella prossima mezz’ora, e invece sono qui, che procrastino, procrastino e scrivo. Ma ora vado. Giuro. Subito. Cioè, fra poco, insomma.

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